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Un bel primato Made in Italy per gli yachts di lusso

2023-12-01 11:59

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Un bel primato Made in Italy per gli yachts di lusso

Gli ordini arrivano fino al 2027

«Il nostro primato deriva dalla capacità di coniugare design, tecnologia e qualità dei materiali, dagli arredi esterni fino all’illuminotecnica. Abbiamo anche fatto importanti progressi in termini di sostenibilità, risparmio energetico e riduzione delle emissioni di CO2. L’Italia è leader indiscussa nel segmento specifico dei super-yacht, cioè le imbarcazioni sopra i 24 metri di lunghezza. Di circa 1500 vascelli attualmente in costruzione in tutto il mondo, più della metà sono prodotti da cantieri italiani. Abbiamo i primi tre cantieri al mondo, con altri sei tra i primi venti. Gli ordini arrivano fino al 2027, il che dimostra il nostro primato crescente nel settore. I grandi acquirenti da tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Estremo Oriente passando per gli Emirati Arabi, non si accontentano di un qualsiasi yacht: ne vogliono uno italiano».

 

Esportiamo l’88% della produzione cantieristica, mentre solo il 12% è destinato al mercato interno: perché?

«L’Italia si colloca al primo posto tra gli esportatori mondiali, se guardiamo al saldo commerciale (export – import) vediamo che dietro di noi c’è il vuoto, perché non solo esportiamo tanto, ma importiamo anche poco. Sappiamo che il meglio è qui e anche gli italiani, che peraltro sono in un numero minore rispetto agli stranieri, vogliono il Made in Italy. Il mercato mondiale per quanto riguarda il segmento degli yacht non è di facile lettura, perché molti compratori, o meglio molti Paesi di destinazione, non sono quelli di cittadinanza del compratore, ma dove le imbarcazioni vengono registrate e tenute immatricolate. Il primo mercato – reale – sono gli Stati Uniti, il secondo le Isole Cayman. Perché sono un luogo dove moltissimi clienti internazionali registrano le barche. Stesso discorso per Malta, non è che i maltesi siano dei grandi fanatici di navigazione con gli yacht, è che lì c’è un registro molto competitivo nell’ambito dell’UE. Così come la Francia e i Paesi arabi, altro mercato in rapida crescita.  Anche se non necessariamente le imbarcazioni comprate dai Paesi arabi vengono poi registrate come esportazioni verso il Golfo, né tenute in ormeggio stagionale in quelle coste».

In realtà la nautica è anche importante per il lavoro che dà al terziario…

«Sì, avere i porti vuol dire avere lavoro sul suolo italiano, che non è soltanto costruire la barca, ma anche gestirne poi il noleggio, le mete turistiche, l’assistenza, la manutenzione e tutto quanto. Molti acquirenti sono compagnie che poi a loro volta noleggiano i vascelli. Non è detto che chi voglia fare una gita in estate con uno yacht debba per forza comprarlo. Molti ricorrono a delle compagnie armatoriali che poi noleggiano nei vari periodi dell’anno le imbarcazioni».

 

Quindi c’è un ecosistema basato sul turismo che dipende dalle imbarcazioni da diporto, come il noleggio?

«Non solo il noleggio, anche rimessaggio e manutenzione sono importanti, soprattutto quando si gestiscono degli oggetti di alto valore, come le barche. I proprietari di queste imbarcazioni vogliono garantire una costante e rigorosa manutenzione. Alcuni Stati, come i Paesi Bassi, sono specializzati nel rimessaggio e refitting di imbarcazioni di grandi dimensioni. Questo rende l’Olanda un attore importante nel commercio di barche, agendo sia come esportatore sia come importatore. Ad esempio, un emiro o un oligarca russo potrebbe vendere la sua imbarcazione a un’altra persona, che poi la importa in Olanda. Non si tratta di una nuova barca, ma di una imbarcazione di seconda mano. Dopo averla lasciata nei Paesi Bassi per un anno per sottoporla a refitting, l’imbarcazione viene poi riesportata. Questo comporta che i flussi commerciali olandesi siano molto diversi dai nostri. Loro contano sul rimessaggio, mentre la maggior parte delle esportazioni italiane – dal 95 al 99% – sono costituite da barche nuove prodotte e vendute».

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